Il carcere dopo il carcere / Imprisoned after prison time

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shac_dis_11In Gran Bretagna vige un sistema punitivo/carcerario particolare che prevede di scontare metà della sentenza in prigione e la seconda metà fuori dalla struttura ma sotto sorveglianza speciale, chiamata «on probation». Ciò in cui consiste questa sorveglianza speciale non è un dettaglio, bensì rispecchia la precisa finalità del carcere: distruggere l’individuo attraverso l’isolamento e la costrizione. Sotto le false spoglie della reintegrazione nella società degli/le ex-detenuti/e e della prevenzione dalla recidiva,si palesa il vero intento di controllo totale.

Lo scopo principale di tale controllo è il tentativo di isolare la persona dal suo contesto politico attraverso il divieto di contatto di qualsiasi tipo con persone e attività legate al proprio contesto di appartenenza. Fioccano dunque misure di sorveglianzalicense condition») come divieto di partecipare a qualsiasi attività in relazione all’attivismo per gli animali, divieto di avere relazioni con persone coinvolte con l’attivismo per gli animali, divieto di occuparsi di animali in generale. In più di un caso queste imposizioni inaccettabili sono state affibbiate a vita.

 Tentativo dunque d’isolamento dal movimento, dagli amici, dalla famiglia, da tutto ciò che ci forma in quanto individui e soggetti politici. Le restrizioni sono volutamente molto generali e ambigue per evitare, a detta di un loro propugnatore, che ci si giri attorno. La prima regola sarebbe dunque di comportarsi bene, cosa poi questo significhi non sta scritto da nessuna parte. Tutto è soggettivamente controllato da un poliziotto chiamato “probation officer” che, nella veste dello sbirro buono di turno stile “anche io da giovane ero vegetariano”, invade la vita dell’ex-detenuto/a. Sono infatti imposti regolari colloqui con questo inquietante personaggio che tenta di controllare ogni aspetto della vita dell’ex detenuto/a.

Ufficialmente, infatti, si aspetta che gli si renda conto di ogni spostamento e di ogni soldo speso attraverso scontrini e biglietti di viaggio, che gli si chieda il permesso prima di intrattenere una relazione con chicchessia e prima di entrare in contatto e/o partecipare a organizzazioni politiche. Condizioni inaccettabili tanto più che le risposte alle richieste fatte sono scontate: «no», oppure «richiedi ancora fra un paio di mesi».

Viene imposta anche la reperibilità 24 ore su 24 su un numero cellulare, il divieto di possederne uno privato e il divieto di accesso a internet per evitare non specificati siti «estremisti», l’obbligo di residenza in città decise dagli sbirri, il divieto o l’obbligo di lavorare/studiare. Come se tutto questo non bastasse, anche scambiare due parole con un vegetariano può costare la galera.

Tutto si basa sul ricatto permanente di essere reincarcerato/a, minaccia intrinseca al concetto stesso della sorveglianza che si basa sul giochetto infame della premialità e dei contentini per tenerti buono. Non rari i casi di reincarcerazione con motivi inventati o ridicoli, giusto per far vedere chi comanda.

È degli anni duemila questo nuovo dispositivo repressivo messo in atto nel periodo post carcerazione e nel periodo preventivo al processo. La sbirraglia inglese lo sta testando sul movimento di liberazione animale, applicandolo negli ultimi anni qua e là anche ad antifascisti ed ecologisti. Come sempre sbirri e giornalisti collaborano, alimentando paure e creando immagini di terroristi a destra e manca, cosa fatta fin troppo bene dai media a proposito di un movimento fatto di campagne di pressione e di azione diretta di ogni tipo.

È quindi facile immaginare che la scelta dell’oggetto per esperimenti repressivi al di fuori del comunemente accettabile, sia stato un movimento da lungo dipinto all’opinione pubblica come estremista ed estremamente violento. Un’altra volta media e polizia si sostengono a vicenda. L’intento è chiaramente quello di creare un precedente. La psico-polizia sta affondando le sue radici, non permettiamoglielo.

Davanti al tentativo estremo di annientarci come soggetti politici, è giusto riaffermare la nostra solidarietà come movimento, non permettere che l’allontanamento avvenga, fare tutto ciò che è in nostro potere per sabotare i piani dello Stato a braccetto con le istituzioni dello sfruttamento animale.

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In Great Britain there is a restrictive and repressive punishment/prison system in which individuals spend a first part of the sentence in jail and the second part outside but under special surveillance called “on probation”or “on license”.

This special surveillance reflects the will of the prison system: to destroy the individual through isolation and constriction, under the fake image of reintegrating former prisoners into society and preventing recidivism. Their true intention is of complete control.

The main goal of this control is an attempt to isolate the person from their political context. Any kind of contact with people and activities connected with their affinities or context is denied. This is used to legitimize surveillance measures (“license conditions”), to enforce the ban on taking part in any kind of activism referring to animals, having relations with people involved with activism connected to animals, and more broadly, prohibition to engage with anything about animals at all. In more than one case these unacceptable impositions have been assigned for life.

Therefore this it’s an attempt to isolate individuals from “the movement”, from friends, from family and everything that forms us as individuals and political subjects. As one of the proponents of these restrictions says, they are willingly very general and ambiguous in order to avoid people deflecting them. The first rule is to “behave well” -and this is left completely undefined. Everything is subjectively controlled by police called “probation officers“, who adopt the role of the good cop (“when I was young I was vegetarian too”), invading the lives of ex-prisoners. Regular meetings are imposed with this disturbing character, who attempts to gain control over every single aspect of the life of ex-prisoners.

Officially they expect to be told about every movement made and every penny spent through bills and journey tickets, they expect to be asked for permission before starting a relationship of any kind with whoever, and before getting in contact with and taking part in political organizations. These unacceptable conditions, when challenged are increasingly met with predictable responses : “no” or “ask again in some months”.

It’s also expected that individuals will be available on the cell phone 24 hours a day. It’s prohibited to have a private phone number as well as access to internet in order to avoid unspecified “extremist” websites. Individual’s are obliged to live in cities decided by the cops and this extends to deciding where people can work and study. If all this isn’t already enough, even exchanging two words with a vegetarian could be enough to send you back to jail. Everything is based on the constant blackmail of being incarcerated again. The threat of jail is intrinsic in the concept of the surveillance itself, where ‘good’ behaviour is rewarded in an attempt to create model citizens and the little rewards of the state attempt to pacify and keep us quiet. The state aims to make people afraid of returning to prison, making you believe that if you break their rules, you’ve got “something” to loose. The cases of re-incarceration are common, with invented or ridiculous motivations, to remind who’s in power, who’s deciding.

This new repressive system was born in the 2000s. It was applied in the period after imprisonment and in the period before trial. English cops tested it on the animal liberation movement, applying it also here and there on antifascists and ecologists as well. As always police and journalists collaborate, increasing fears and creating images of terrorists in all directions.

The media conflated public campaigns of pressure and direct actions of any kind to create a culture of fear and promote the concept of “extremism”. Because of this, animal liberationists and anti-speciesists are often the choice and the object of repressive experiments, as people working outside of what is commonly acceptable. The animal liberation movement has been portrayed by the media extremist and incredibly violent for a long time. It is yet another example of how the media and the police are supporting each other reciprocally. The intent is clearly to create a precedent. The state tries to use psychological pressure to police us, let’s not allow them to accomplice this project.

In the face such of the extreme attempts to annihilate us as political subjects, it’s right to re-affirm our solidarity as a movement, it’s right to resist these attempts to divide us.  Doing everything in our power to sabotage the plans of the State must go hand in hand with destroying the institutions of animal exploitation.